L'ozono è un componente naturale dell'atmosfera ed è noto ai più per l'azione protettiva che svolge nell'attenuare le radiazioni ultraviolette assorbendone la gran parte (circa 9/10) prima che giungano sulla terra.
E' un gas fortemente instabile, di colore blu e dal caratteristico odore pungente. Alle basse concentrazioni è percepito con odore simile al fieno od al trifoglio appena tagliati, mentre diviene agliaceo e successivamente acido a concentrazioni maggiori. La sua esistenza, intuita nel 1785 da Martin van Marum (1750-1837) sulla base del forte odore riscontrato vicino alle macchine elettriche, fu dimostrata nel 1840 da Christian Friedrich Schonbein (1799-1868), che chiamò questo gas ozono (dal greco òzein= emanare odore).
Nel 1857, Von Siemens, mediante un arco voltaico, riuscì a produrre artificialmente l'ozono dall'ossigeno. Infatti, l'ozono (stato allotropico dell'ossigeno) è composto da tre atomi di ossigeno (O3). Facendo fluire ossigeno medicale attraverso dei tubi di vetro, rivestiti esternamente di alluminio ed internamente di acciaio, ai quali viene applicata una tensione da 4.000 a 15.000 volts, si determina la rottura di parte delle molecole di ossigeno. Gli atomi liberati si ricombinano con altre molecole di ossigeno formando ozono. La quantità di gas ottenuta dipende da tre fattori: il voltaggio applicato ai tubi, la quantità di flusso dell'ossigeno e la distanza fra i rivestimenti metallici. L'ozono prodotto viene quindi miscelato con ossigeno per ottenere la concentrazione desiderata.
Per usi medici le concentrazioni della miscela gassosa variano da 1 a 100 microgrammi di ozono per millilitro di ossigeno. Un distruttore catalitico, inoltre, consente di ritrasformare l'ozono in eccesso in ossigeno.
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Verosimilmente la prima descrizione sull'uso terapeutico dell'ozono fu di Charles J.Kenworthy che, nel 1885, negli Stati Uniti, pubblicò un articolo dal titolo "Ozone".
Si ha notizia che, durante la prima Guerra Mondiale, per scongiurare l'insorgenza di gangrena gassosa, molti soldati con ferite infette furono sottoposti a trattamenti con ozono.
Negli anni cinquanta si incominciò a praticare l'autoemotrasfusione ozonizzata con progressivo ampliamento dei tempi di applicazione e delle vie di somministrazione (insufflazione diretta della miscela gassosa sulla superficie corporea da trattare, balneoterapia con acqua ozonizzata, iniezioni intramuscolari, sottocutanee ed intraarticolari).
L'ossigeno-ozono terapia viene oggi proposta soprattutto nelle patologie da carente apporto di ossigeno (artereopatie obliterative, ulcere postflebitiche o da decubito, teleangectasie); nelle patologie infettive: batteriche, micotiche e virali (herpes zoster ed herpes simplex); nelle affezioni intestinali e della regione anale (rettocolite ulcerosa, ragadi, fistole anali,
proctiti e sindromi emorroidarie); nelle affezioni ginecologiche (vaginiti); dermatologiche (acne, eczemi, psoriasi) ed odontostomatologiche (periodontiti, stomatiti); nelle malattie internistiche (epatiti).
L'ossigeno-ozono trova indicazione anche nella cefalea a grappolo e come coadiuvante nei trattamenti con radiazioni ionizzanti e nella chemioterapia.
È stato studiato l'uso anche nelle immunodeficienze acquisite, nella sindrome da stanchezza cronica e nella maculopatia retinica degenerativa senile.
Grazie all'effetto antalgico ed antinfiammatorio, l'ossigeno-ozono è utilizzato in molte patologie osteoarticolari, nonché nella sindrome del tunnel carpale.
Sul finire degli anni ottanta, nella rosa dei trattamenti percutanei dell'ernia discale, responsabile del conflitto disco-radicolare, oltre alla nucleoaspirazione ed alla nucleosi con chimopapaina, veniva proposto l'utilizzo dell'ossigeno-ozono terapia. Per quanto concerne il tratto lombare, l'indicazione a questo trattamento viene posta, in alternativa alla nucleoaspirazione, ai pazienti portatori di piccole ernie mediane e con sintomatologia prevalentemente lombagica.
Può trarre giovamento anche chi è affetto da patologia artrosica o chi presenta una persistente sintomatologia algica per fibrosi cicatriziale postchirurgica. I risultati migliori si ottengono in pazienti ben selezionati secondo precisi criteri clinici e radiologici.

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